Armi da botta ed in asta

Sicuramente le armi più usate nei teatri delle guerre medievali furono le armi in asta: facili ed economiche da realizzare, utilizzabili da chiunque con poco addestramento (molte di queste sono mutuate dagli attrezzi agricoli opportunamente adattati all’uso bellico), utili nell’uso in formazione, e con effetti devastanti. Il vantaggio dell’uso di queste armi deriva dalla grande forza nell’impatto, tanto da forare armature ed elmi, l’asta lunga consentiva di tenere a distanza l’avversario consentendo un brandeggio assimilabile a quello di armi più maneggevoli come le spade.

Si sono volute raggruppare assieme le armi da botta inastate, con quelle da punta e da taglio per offrire una panoramica delle armi in dotazione alle fanterie nell’ultimo quarto del XV secolo. Molte nascono includendo due o tre di queste caratteristiche e addirittura alcune ne prevedono una quarta: l’agganciamento. Questa funzione era resa possibile da una lama concava o una punta ricurva, destinata solitamente a neutralizzare i cavalli o a disarcionare i cavalieri.

Qui sono rappresentate le principali varianti e due di queste sono trattate peculiarmente in quanto specifiche delle fanterie veneziane : il roncone e la picca.

L’Azza

Si tratta di un’arma inastata in auge in tutta Europa, normalmente utilizzata dai soldati di fanteria e particolarmente adatta al combattimento ravvicinato contro avversari in armatura, in quanto studiata appositamente con strumenti offensivi in grado di sfondare o quanto meno di danneggiare le placche metalliche o di incunearsi negli spazi fra queste. Il nome azza deriva dalla deformazione del termine ascia, a causa della natura comune con tale strumento. Ne esistono diverse versioni, in genere però essa è lunga tra i 150 e i 180 cm, con manico in legno con rinforzi in metallo in prossimità delle estremità o lungo tutta l’asta, presenta una punta acuminata per essere utilizzata come una lancia da fante ed una sorta di martello d’armi da usare per attacchi di potenza o di compressione/sfondamento dell’armatura avversaria. Di fronte a questo poteva essere posizionata un’ascia con lama ricurva e larga oppure uno spuntone leggermente incurvato. In entrambi i casi tale accessorio veniva utilizzato per sfondare l’armatura o per uncinare l’avversario al fine di sbilanciarlo e farlo cadere.

Il Mazzapicchio

Di questa arma ne esistono varie versioni che si possono ridurre fondamentalmente a Bec de Corbin/Mazzapicchio e Martello di Lucerna, si tratta in ogni caso di un’arma appartenente alla famiglia dei martelli d’arme e riguarda principalmente il tipo di supporto su cui veniva montata la testa; la scelta era fra manico e asta; quindi le due tipologie riguardano i martelli immanicati e i  martelli inastati. I primi venivano utilizzati quasi esclusivamente dalla cavalleria, mentre i secondi dalla fanteria. Come già accennato, il vantaggio dato da un’arma inastata riguarda  la possibilità di riuscire a fare danni rimanendo a distanza di sicurezza dal nemico, preoccupazione fondamentale di ogni soldato appiedato. L’uso di martelli inastati si fece sempre più frequente nel corso del XV secolo; in mano alla fanteria quest’arma divenne sempre più simile ad una poleaxe. La versatilità delle parti della testa, specie se montata su un’asta di 180cm o più, permettevano una grande varietà di impieghi:

sfondamento tramite la bocca; perforazione tramite la penna;  perforazione/lacerazione attraverso il brocco. Oltre a questi impieghi poteva servire per tirare giù un cavaliere dalla sua cavalcatura o agganciare uno scudo, in modo da strapparlo al nemico.

L’Alabarda

La nascita dell’alabarda è antica, nasce infatti quasi sicuramente come derivazione diretta dell’ascia, con una principale differenza: la lama è fissata all’asta in due punti invece di uno, permettendo di avere una lama più grande e più pesante. Possiamo trovare riferimenti all’alabarda in testi che risalgono al dodicesimo secolo, mentre l’esemplare più antico rimanente è del 1315. Già in questo esemplare, questa possibilità di allungare la lama era diventata occasione di creare una punta parallela all’asta, utilizzabile per l’affondo. Pochi anni dopo si trovano i primi riferimenti al becco, una punta opposta alla lama perpendicolare all’asta e alla creazione di una punta che consentirà colpi di stocco, negli anni, queste caratteristiche rimarranno generalmente inalterate, mentre ci saranno continui aggiustamenti nella forma della lama – che si ingrandirà, rimpicciolirà, diverrà obliqua rispetto all’asta, alternativamente, concava e convessa, dell’angolo del becco, della lunghezza della punta, e del tipo di aggancio tra testa e asta. E’ famosa per essere stata scelta, a causa dell’efficacia, come arma nazionale dagli Svizzeri, e fra tutte, è quella che più si è evoluta e raffinata negli anni, in parte rappresentando la base da cui si sono specializzate altre armi, in parte rendendone obsolete altre ricoprendone il ruolo.

Lo Scorpione

Si tratta di un’arma che nasce dal tentativo di fondere le qualità di alabarda e roncone, creando una tipologia ibrida di Alabarda-Ronca chiamata “Alabarda a Scorpione”, la quale presenta: i due denti d’arresto tipici della Ronca tra la gorbia e la lama, la spina posteriore della Ronca però spostata più in alto direttamente a ridosso della cuspide superiore e dalla forma a becco di falcone tipica dell’Alabarda, mentre la lama anteriore si conclude con una estremità appuntita a brocco che non è per nulla simile alla scure dell’Alabarda ma che neanche si piega per prendere la forma uncinata del raffio tipica della Ronca.

La Lancia e Il Lanciotto

La lancia è l’archetipo dell’arma inastata, é arma da urto e atta al combattimento corpo a corpo,  nota fin dal Paleolitico e occasionalmente usata anche come arma da getto; consta di una lunga asta di legno su cui è infissa una punta di metallo di forma triangolare o a losanga. Gli elementi significativi della lancia sono la foggia del tallone alla base, che serve, quando è presente, a equilibrare l’arma e a conferirle solidità e maggiore durata; e soprattutto la modalità d’infissione della punta sull’asta. Cronologicamente, sembra che la punta definita a codolo, conficcata entro l’estremità dell’asta, sia anteriore al tipo detto a cartoccio, in cui la base (gorbia) della punta è incavata in modo che vi si possa incastrare l’estremità dell’asta. con punta metallica a cartoccio. Nel Medioevo, la lancia fu l’arma principale della cavalleria pesante. Alla cavalleria pesante, a partire dal XIII secolo, si contrapposero reparti di fanteria anch’essi armate di lancia: gli schiltron scozzesi, i quadrati di picchieri svizzeri, i tercio spagnoli erano formazioni compatte che opponevano un muro di lance alla cavalleria nemica. Queste lance avevano una piccola punta dalla parte del manico, così da poterle infilzare per terra e reggere con più forza le cariche di cavalleria. Alla fine del XIV secolo le lance avevano un’asta diritta di grossezza uniforme e ferro a forma di foglia di salice ma, con l’aumentare della resistenza dell’armatura, aumentò pure la robustezza del ferro; si ebbero anche lance da giostra o da torneo, che acquistarono forme speciali soprattutto nell’asta. Generalmente poi alla lancia fu attaccata una banderuola o fiamma, rettangolare per i banderesi e triangolare per i cavalieri. La differenza fra la picca e la lancia, o dei derivati come il lanciotto o la mezza picca, può essere sostanzialmente legata alle dimensioni dell’asta. Sono sempre armi che feriscono per mezzo di una punta aguzza, di varie fogge. La lancia, normalmente utilizzata a cavallo, ha dimensioni che possono andare approssimativamente dai 2 ai 3 metri. Mentre la lunghezza complessiva di una picca può arrivare, secondo gli storici, fino ai 7 metri e mezzo e oltre. Il lanciotto e la mezza picca sono mezze vie, versioni più ridotte delle armi da cui derivano il nome, spesso più indicate ad essere usate con una sola mano o lanciate. In particolare i targonisti o rotellieri italiani usavano dai due a quattro lanciotti ciascuno, che scagliavano verso le formazioni di fanteria nemica per creare dei varchi e rompere gli schieramenti, portando il conflitto a distanze inadatte all’uso delle picche e quindi sbaragliare gli avversari.