Armi Da Fuoco

Il discorso sulle armi da fuoco potrebbe iniziare dall’impiego per uso militare della polvere da sparo, conosciuta anche come polvere nera, è il più antico esplosivo utilizzato dall’uomo.  A causa delle sue proprietà incendiarie e della quantità di calore e volume di gas che genera, la polvere da sparo è stata ampiamente utilizzata come propellente in armi da fuoco, artiglieria, razzi e fuochi d’artificio e come polvere esplosiva nelle cave, nelle miniere e nella costruzione di strade. La polvere da sparo fu inventata nella Cina del IX secolo come una delle quattro grandi invenzioni e si diffuse in gran parte dell’Eurasia alla fine del XIII secolo.  Fu grazie all’impiego delle artiglierie, in bronzo e ferro, in grado di scagliare proietti con elevata energia e di evitare i problemi dell’eccessivo riscaldamento del metallo e dell’inevitabile deformazione delle canne – quand’anche non della loro rottura, spesso catastrofica per gli addetti ai pezzi – che la fanteria d’élite dei Giannizzeri – a lungo la sola a fruire delle artiglierie al seguito – si mise presto in mostra in Europa per efficienza tattica e superiore capacità di fuoco, trionfando in moltissime delle battaglie in cui era stata impegnata. Il problema della scarsa manovrabilità delle armi da fuoco pesanti, più adatte agli assedi, fu in parte ovviato dalla costruzione, in parallelo, delle prime armi da fuoco “leggere”: notevole impatto sui campi di battaglia ebbe infatti l’introduzione dello schioppo e poi dell’archibugio, che pur a fronte di un iniziale svantaggio rispetto all’arco (minore gittata, minore cadenza di fuoco) fu adottato massicciamente per l’estrema facilità d’uso, nonostante però necessitasse ancora di un apposito sostegno per esser usato.


Dopo il 1440 nelle fila della fanteria veneziana il numero degli schioppettieri andò assumendo proporzioni sempre più notevoli. Si diceva che fosse Lupi il primo ad impiegare compagnie di schioppettieri; a Caravaggio, dove i milanesi si rivelarono superiori nell’uso di questo tipo di arma, si disse che il fumo degli schioppi aveva oscurato l’intero campo di battaglia.
In Italia divenne un fenomeno generale nella seconda metà del secolo XV, fenomeno la cui meccanica risulta particolarmente chiara nel caso di Venezia. Dopo il 1480 più della metà dei conestabili impiegati da Venezia erano in servizio permanente, in genere senza disporre di truppe nei periodi di pace. Al momento della mobilitazione essi assumevano il comando dei provisionati reclutati dagli agenti veneziani, o altrimenti si dedicavano loro stessi al reclutamento. Anche nel secondo caso, però, arruolavano gente per conto di Venezia, ed era Venezia a pagarla direttamente; erano provisionati nell’accezione più antica del termine.  A tutti i Rettori di Terra fu prescritta la costituzione di speciali commissioni di cittadini che si sarebbero incaricati degli arruolamenti, selezionando gli uomini più giovani e abili. Il comando sarebbe stato affidato a conestabili nominati dai Rettori, e l’equipaggiamento sarebbe consistito in una corazza, una celata e un’arma offensiva adeguata. Gli uomini prescelti godevano di esenzioni fiscali, e dovevano sottoporsi ad addestramento periodico. Sul finire del secolo XV si cominciò ad attribuire particolare rilievo all’addestramento degli schioppettieri. I Rettori di Terraferma ebbero l’ordine di istituire gare semestrali che stimolassero l’interesse per la pratica dello schioppo. Nel 1493, quando il luogotenente generale del Friuli ricevette l’ordine di richiamare un contingente scelto di 4.000 miliziani, equamente ripartiti tra schioppettieri, balestrieri, arceri e lancieri, la sua risposta fu che già 900 schioppettieri erano iscritti ai ruoli, e stavano ora dedicandosi regolarmente alle esercitazioni. Quanto agli anni immediatamente successivi, risulta evidente la disponibilità di una certa riserva di uomini parzialmente addestrati, ma soltanto nel 1507, con l’aggravarsi della minaccia tedesca, si provvide a riorganizzare sistematicamente una milizia scelta. In quell’anno Lactantio da Bergamo intraprendeva nel Veronese l’addestramento di 600 uomini, addestramento che aveva come basi l’uso dello schioppo, e della picca alla maniera svizzera. L’anno dopo il progetto di addestramento venne esteso all’intera Terraferma, con l’intenzione di arruolare 10.000 uomini.

Lo schioppo

Lo schioppo fu un’arma da fuoco nata collocando un piccolo cannone o una piccola bombarda alla sommità di un’astile ligneo che permetteva allo “schioppettiere” il trasporto di questo pezzo d’artiglieria di ridotte dimensioni. Ebbe larga diffusione in Europa nel corso del XIV secolo, veicolatovi dall’Italia. Restò in uso sino ai primordi del XVI secolo, quando venne definitivamente sostituito dall’archibugio, arma più precisa, maneggevole e dal sempre più avanzato sistema di scoppio. Il dato certo è che furono le milizie cittadine italiane le prime a servirsi di quest’arma e che dall’Italia lo schioppo passò nelle Fiandre e da lì si diffuse nel Sacro Romano Impero Germanico ed in Inghilterra. Nel Trecento, almeno in Italia Settentrionale, il termine “schioppo” fu utilizzato anche per definire bocche da fuoco di discrete dimensioni, montate su pesanti cavalletti di legno e poste a difesa di castelli e luoghi fortificati.

‘introduzione sul teatro bellico europeo dei primi archibugi non comportò però la sparizione dello schioppo quanto piuttosto una sua ricollocazione nell’artiglieria propriamente detta. Nel corso del Quattrocento, soprattutto durante gli assedi, i servigi degli schioppettieri, ormai degli artiglieri specializzati, continuarono ad essere richiesti, mentre le migliorie del comparto siderurgico garantirono un ammodernamento dello schioppo: il passaggio a pezzi realizzati in ferro e non più in bronzo permise di ridurre le dimensioni delle pareti di canna e camera di scoppio, a vantaggio della portabilità dell’arma. Come valso per i cannoni di più grandi dimensioni, anche lo schioppo venne fatto oggetto di studi destinati alla creazione del “cannone-organo”, parallelamente, si sperimentava una variante corta dello schioppo, destinata alle forze di cavalleria.

In Europa, lo schioppo cadde definitivamente in disuso ai primordi del XVI secolo, quando venne soppiantato da pezzi di artiglieria portatile più precisi come il Falconetto. L’esperimento dello “schioppo corto” per tiratori montati in sella trovò una sua concreta applicazione solo quando venne inventato il meccanismo d’accensione a ruota con la conseguente diffusione della pistola a ruota e del petrinale.

Dopo l’esperienza dello schioppo nel XIV secolo, la prima attestazione certa del termine archibugio risale al 1364, quando il signore di Milano Bernabò Visconti reclutò 70 archibuxoli, anche se forse, in questo caso, il termine archibugio è utilizzato come sinonimo di schioppo, dato che l’archibugio si sviluppò solo nella seconda metà del Quattrocento. Dopo la metà del XV secolo in molti stati italiani, Ducato di Milano soprattutto, vi erano grosse formazioni di schioppettieri e archibugieri.
In Europa i primi modelli di archibugio pare siano stati realizzati in Italia, Spagna e/o Germania nella seconda metà del XV secolo.

Gli archibugieri cominciarono ad essere impiegati in massa in Europa durante le Guerre d’Italia tra la Francia, la Spagna ed il Sacro Romano Impero Germanico (tra la fine del XV ed i primi decenni del XVI secolo. Fondamentale divenne lo schieramento Pike and Shot utilizzato dai quadrati di fanteria dei lanzichenecchi e perfezionato dagli spagnoli nel tercio. L’archibugio a miccia, diffusissimo tra gli spagnoli, era un’arma ancora molto imprecisa, con un tiro efficace non superiore ai 50 m. Comunque il forte rumore e il fumo avevano un effetto demoralizzante sui soldati avversari.

Fu per la prima volta nella battaglia di Cerignola (1503) che le sorti dello scontro vennero decise da un compatto gruppo di archibugieri. Il successivo esito della battaglia di Pavia (1525), ove il fuoco costante degli archibugieri spagnoli, trinceratisi in posizione coperta presso un canale, fece strage della cavalleria pesante francese portando alla cattura dello stesso re Francesco I di Francia, sancì l’avvento dell’era delle armi da fuoco sui campi di battaglia europei.

Era un’arma ad avancarica, a canna liscia, di calibro compreso tra i 15 ed i 18 mm, aveva una gittata utile limitata a circa 50 m a causa dei rimbalzi che il proiettile subiva contro le pareti della canna liscia e che imprimevano a quest’ultimo una traiettoria piuttosto erratica.
Oltre a leggere differenze nella linea estetica, caratteristica distintiva dello schioppo rispetto al primitivo scoppietto fu l’introduzione di un meccanismo d’accensione, azionato da un grilletto. La sequenza di tiro divenne in questo modo l’attuale carico-miro-sparo e non più carico-direziono-sparo come avveniva con i cannoni a mano diffusi nella seconda metà del XIV secolo.

Sul lato destro dell’arma si trovava la piastra di sparo dove alloggiava il meccanismo formato da uno scodellino (una sorta di piccolo imbuto metallico comunicante con la culatta della canna) e da una serpentina (una sorta di uncino metallico che sosteneva la miccia a lenta combustione) chiamata così per via della forma a serpente (non di rado la serpentina era decorata per ricordare la testa di un serpente o di un drago).
Ecco come avveniva lo sparo: il tiratore poneva della polvere fine nello scodellino e lo richiudeva dopo di che infilava la polvere grossa e la palla di piombo nella canna (anteriormente) pigiando tutto sul fondo con un calcatoio (un’asta di legno, versione rimpicciolita di quella da cannone); al momento dello sparo, dopo l’apertura della protezione dello scodellino, tirando il grilletto, senza alcuno scatto, la serpentina si muoveva verso lo scodellino mettendo a contatto la miccia accesa con la polvere fina: questa si incendiava e trasmetteva il fuoco alla polvere grossa nella culatta; a sua volta questa polvere esplodendo proiettava la palla lungo la canna e fuori da fucile.